Mymosa Moon
Piccole Pompe funebri .
Morte di una Travestita
Introito
È inutile
tergiversare o ammetterlo solo alla fine: io sono Mymosa Moon. Sono quella
donna elegante, alta e magra, dall’età indefinita, ma ha passato i cinquanta,
dai radi capelli biondi, le mani, forse, il collo e la voce da uomo, per il
resto non si direbbe, dall’aria non triste ma distaccata, assente, (Mymosa,
ormai, guarda il mondo dall’esterno).
Sono scesa alle otto, dalla mansarda di vicolo
Bianco al Borgo Vecchio, il quartiere una volta più malfamato, ora recuperato
dalla speculazione edilizia, di questa piccola media e bastarda città del nord,
chiamiamola Tara per comodità. Dopo il caffè, fumo seduta al bar sull’angolo
del vicolo con Via San Rocco, la via principale del quartiere, con la mia
barboncina Bimba sul grembo, guardo gli imbianchini che installano le
impalcature, la proprietaria si è decisa, finalmente a rifare l’intonaco
scrostato; i fruttivendoli pachistani che tornano dal mercato con le cassette
di frutta e verdura, non ne è rimasto uno di italiano; gli impiegati che
corrono in ufficio, le commesse che aprono i negozi sotto i portici e il via
vai di biciclette.
La cosa più
vicina alla felicità, dicono, è ripetere tutti i giorni le stesse cose: il
caffè, la sigaretta, comprare il giornale al chiosco, tre panini e un etto di
prosciutto dalla gastronomia, una volta era un salumiere qualsiasi ma ora ha
dovuto alzare i prezzi, vendere cibo già pronto e costoso per sopravvivere, di
questo quartiere che una volta era di ladri, travestiti e puttane, ma che ora
la politica di risanamento del sindaco di sinistra, e le circostanze hanno
trasformato in un mortorio che si anima un poco al mattino.
Stamattina una
giovane checchina è venuta a intervistarmi, sta scrivendo una tesi sui gay di
Tara, ma cosa c’entro io? Io sono di un’altra categoria! La ricevo al bar
dell’angolo, rispondo con frasi di circostanza: ho accettato di incontrarla, ma
sarò falsa, reticente e confusa; ho venduto il mio corpo per una vita e ora non
voglio regalare le mie parole, le mie memorie a un passante.
-Cosa pensa dei
matrimoni gay?- mi chiede.
-Non me ne può
fregare di meno- mi verrebbe da rispondere, cosa c’è di più ridicolo di due
checche che si giurano fedeltà e amore eterno?
-Ovviamente sono
d’accordo- rispondo. Mi guarda con un misto di reverenza e orrore, ormai sono
parte della storia della città, sono un monumento ambulante. Cosa c’entrano i
matrimoni delle finocchie con noi travestite? Non ci riguardano. Sono campata
sulla trasgressione decorosamente, quest’ansia di diventare perbene, questa
mancanza di coraggio nello stare dalla parte del male, la voglia di appartenere
alla normalità e alla legge, non la capisco: se tutto diventa perbene e lecito,
quali peccati si possono commettere? È anche una questione di mercato e di
competenze, d’identità. L’identità vive della contrapposizione. Se il bene
invade la zona del male, si decolora, non è più il bene di una volta, perde di
valore ed energia, e viceversa. Ci perdiamo anche noi che stiamo dalla parte
del permale. La realtà è che non c’è più distinzione tra perbene e permale, è
tutto un calderone confuso. Aveva ragione il capitano Omni, è l’assimilazione
degli opposti, ci stiamo avviando verso la morte termica. Ma certe cose non si
possono dire.
Se ci penso
adesso, a quei tempi, mi viene da piangere. Il tipo mi guarda esterrefatto,
ascolta in silenzio rispettoso i miei lamenti. Ora che il Borgo Vecchio è
risanato e hanno persino trasformato il cinema a Tripla Luce Rossa in ufficio
della questura! Certo, non aveva senso pagare tre euro per la scomodità delle
sue vecchie panche quando di lì a poco il porno sarebbe stato gratis su
internet. Il cinema avrebbe chiuso comunque, come tutti i cinema in città. Ora
ci si va per passaporti e denunce, furti e smarrimenti, permessi di soggiorno;
una volta c’erano gli orgasmi a luce rossa, la Mina passava ogni tanto a
sgengivare qualcuno e i vecchietti si sparavano le pugnette nel Borsalino:
semplice, ognuno la sua, o incrociata, uno la offriva gentilmente al proprio
vicino e viceversa.
Nessuna più di me
ha rispetto per le forze dell’ordine, pur, diciamo così, avendo esercitato un
mestiere non perbene, o forse proprio per quello, una si sente non dico
ricattata, ma di certo in dovere. Ho sempre collaborato, ma la pretesa del
sindaco di sanare e moralizzare il quartiere, sloggiare le puttane e i ladri,
mettere ordine dove prima c’era il disordine e trasformare il cinema in ufficio
della questura, a me, che da una vita ci abito dietro, in vicolo Bianco, mi ha
profondamente irritata. È falso e arriva tardi: le puttane non ci sono più da
tempo, i ladri professionisti hanno traslocato tutti nei condomini sul ring o
negli altri quartieri quasi perbene. Il Borgo Vecchio di notte è un cimitero.
-È stato un
progresso o un regresso? È meglio adesso che ognuno è solo a farsi le seghe
davanti al proprio computer, mentre il cinema era occasione di socialità, per
scambiare due battute, perlomeno con la cassiera. Non era più dignitoso per i
pensionati morire d’infarto lì che di noia ai giardinetti? Che oltretutto i
vecchietti dalla tecnologia sono tagliati fuori. Mica possono guardare il porno
su Internet. Sono stati i più danneggiati-. Urlo incazzata davanti al povero
studente gay spaventato.
-Certo è vero.
Anche la terza età ha diritto alla sessualità- aggiunge compassionevole.
E poi sono
sparite anche tutte le puttane, quelle sedute sulla seggiolina in vicolo
Millefiori e in vicolo Diagonale, che si addormentavano aspettando i clienti:
morte loro, non c’è stato il turn over. Poi sono morte anche tutte le
travestite storiche: di vecchiaia, di aids, di cancri vari. La Lollo con i suoi
bei capelli rossi, rossi di suo, è morta negli anni ottanta, quando, dopo
un’onorata carriera passata a fare massaggi prostatici ai padri di famiglia che
scendevano in città, avidi di trasgressione e di piacere, ha pensato di
disfarsene, visto che non le tirava più come una volta. Si era messa in testa,
di cambiare sesso e recidere lo stanco membro. In Italia non gliel’avevano
voluto tagliare, ma in Svizzera con un cambio svantaggioso lira franco, sì.
Diventata donna a sessant’anni. Ma non è mai stata bene: doveva andare in giro
con un bastone in mezzo alle gambe per impedire la chiusura della fessa e
lavorare usando sempre il secondo canale, come prima, insomma una sofferenza.
La maledizione
delle travestite è avere il membro: i clienti vengono con noi per quella roba
là in mezzo alle gambe e avercelo, ma mezzo barzotto non serve, deve essere in
tutta la sua gloria. La Sandra quattro anni fa aveva mal di cuore, ma diciamo
così, per dovere professionale, si faceva dosi da cavallo di Viagra. Il medico
dell’Ospedale Civile l’aveva avvertita, ma cosa vuoi mai, a suo modo è morta
sul lavoro, dedita fino all’ultimo alla missione. La Fabrizia un anno fa,
cancro fulminante al fegato: è entrata in ospedale, ha messo sul comodino la
sua foto in India con Madre Teresa, la furba, segno d’intimità con la santa, di
devozione e pentimento, le cure delle suore sono state amorose fino alla fine.
Altre si sono ritirate: come l’Ornella, quella della fascia sui capelli o sulla
parrucca, non si è mai capito, ora abita in via Padova, la incrocio ogni tanto
e assomiglia sempre di più al suo modello, la Vanoni, una sciureta con un viso
deformato dal lifting e dal botulino. Anche la Mina è morta. l’orribile
Belfagor, che abitava qui nel vicolo, mia dirimpettaia per decenni. Il tipo
prende nota, anche se le mie memorie sono confuse.
-Fumi?- gli offro
una sigaretta, -No, di mattina no- risponde. -Io solo di mattina- aggiungo
perentoria.
Siamo rimaste in tre delle storiche: io Mymosa
Moon, che però mi sono semiritirata già negli anni settanta per seguire le mie
boutiques: Travestiti (si può pronunciare in due modi: Travèstiti o
Travestìti); la Norma (Traviata of course) che però più che il culo dà via la
coca, quindi passa più tempo in galera che sotto il suo appartamento in
Contrada Sant’Antonio, ormai non la si vede più nemmeno lei; la Marilyn qualche
marchetta di giorno e di sera non si fa mai vedere. Il giro delle trans
nostrane è finito. Genere in estinzione. Fenomeno della cultura anni settanta
ottanta. La Marilyn è l’unica come me ad avere un diploma. Lei da geometra,
presso il benemerito Istituto Galilei e ha anche esercitato, non mi ricordo più
se all’INPS o in qualche Studio Tecnico, prima di darsi full-time alla
professione. Io, modestamente, diploma alle gloriose magistrali Gaspara Stampa,
avrei dovuto fare la maestra, solo ora, scrivendo…
-Scrivi?- domanda
il tipo sorpreso.
Sì, scrivo le mie
memorie, rigurgito un po’ di quel che ho vissuto e imparato, ora che sono qui,
desolata, nel vicolo. Mi sono rassegnata a scrivere brandelli di storie e di
memorie più per solitudine che per vocazione letteraria. Del resto, non posso
rinciulire passando tutto il mio tempo davanti alla televisione.
Una volta, quando aprivano le porte interne
del cinema, d’estate, in vicolo Bianco, dietro il cinema, era un susseguirsi di
orgasmi, sospiri e urla “e prendimi qui, mettimelo di là, dio come godo”, ma
una si abitua anche, faceva compagnia. Noi controllavamo il territorio: io non
mi sento più sicura adesso che abito dietro la Questura, una puttana all’angolo
della strada è meglio di una portinaia, più discreta anzitutto e anche gratis.
Non sembra, ma a noi non sfuggiva una mosca. I residenti erano sicuri che non
sarebbe mai passato un ladro, perché le operatrici del Borgo Vecchio
rispettavano gli abitanti, avevano tutto l’interesse ad un clima di pacifica
convivenza e in cambio della tolleranza del mestiere, offrivano un discreto e
efficace lavoro di vigilanza notturna, meglio della Semper Fidelis, che passa
con i guardiani che mettono il bigliettino e poi via, chi si è visto sì è
visto; mentre noi stavamo lì imperterrite fino alle prime luci dell’alba, tutte
le stagioni, fosse il gelo invernale o lo stofego estivo. Altro che la stazione
di polizia, che se ne sbattono di quello che succede qui intorno, sono degli
impiegati statali che timbrano il cartellino, fanno il loro lavoro
malvolentieri. Non ci mettono del proprio. Infatti adesso i ladruncoli, avventizi
non professionisti e i tossici imperversano: l’altra notte sono entrati nel
palazzo qui in parte, nel garage protetto dall’antifurto e hanno rubato soldi e
documenti da un macchina e ho detto alla signora: -Si lamenti in Comune. Vada a
reclamare al Posto di Polizia: hanno voluto la riforma, la sanatoria del
quartiere, ecco i risultati-.
Che poi a ben
vedere non è neanche colpa del Comune né del posto di polizia: sono cambiati i
tempi, la macchina ha cambiato l’abitudine della gente e tutto il traffico si è
spostato sui viali. Ora di tutta la gente, che ci abitava una volta, nel vicolo
Bianco sono rimasta solo io, sola, triste, desolata. Il vicolo me lo sono
comprato quasi tutto, dal numero 1 al numero 26. Mi manca solo il 12, perché è
di una vecchia che si ostina a non volere vendere, ma appena tira le cuoia, i
nipoti, voglio vederli qui in fila per riscuotere il contante dalla Mymosa
Moon. Quelli che ci abitano sono tutti miei inquilini, ma è gente che non
conosco, che non ci abitava prima, “buongiorno” e “buonasera” per le scale ed è
finita lì.
Il comune ha
ristrutturato quasi tutto il vecchio Borgo Vecchio e la prostituzione si è
spostata sui viali delle periferie, pieni di negre, slave, bionde, gamba lunga,
bellissime modelle. È per questo che in vicolo Diagonale o vicolo Stretto sono
scomparse tutte, le puttane con le seggioline. Man mano che morivano non c’è
più stato il riciclo, il turn-over. Dovrebbe chiudere i confini anche alle
puttane dell’est e dell’ovest, non solo alle merci dei cinesi. Perché io sono
di sinistra, ma certe volte mi verrebbe voglia di una secessione: solo puttane
con il marchio DOC e DOP del Lombardo Veneto. Se poi anche quelli che predicano
la Padania razzolano con le puttane marocchine e fanno affari con la
‘ndrangheta calabrese, non so se mi spiego... In vicolo Manzoni hanno aperto
una specie di moschea, e in via San Rocco una chiesa ortodossa con le sue belle
icone e un pope giovane e barbuto. La Tatiana ci va ogni tanto facendo finta di
volersi convertire alla persuasione greco-ortodossa, ma mira al Pope, mira al
Pope. Le trans brasiliane con le loro chiquita oversize color cioccolata hanno
ammazzato il mercato delle piccole fave nostrane, non siamo più competitive e
non possiamo continuare a farsi di coca e Viagra per reggere la concorrenza
come la Medea che alla fine non le ha retto il cuore, ed è schiattata. La
Marilyn, la Norma e io siamo ormai dei monumenti pubblici ambulanti, dovremmo
andare in giro con una targhetta esplicativa bilingue. Via San Rocco è
completamente cinese, pieno di Doner Kebab, curry, il commercio al minuto, i
fruttivendoli, in mano ai pakistani, i centri telefonici.
Hanno voluto sanare il Borgo Vecchio quando
ormai il male era dappertutto. Un quartiere come il Borgo Vecchio non aveva più
senso, una volta le puttane le trovavi solo qui, nei quartieri vecchi delle
città e con loro tutto il giro di magnaccia, ladri e gente permale. C’era una
netta separazione tra il permale e il perbene, di qui e di là, il Borgo Vecchio
e il resto della città. Adesso tutta la città è piena di marchette part time:
le studentesse dell’Università Cattolica, le commesse del Coin e le casalinghe
delle villette a schiera che al Borgo Vecchio non hanno mai messo piede. La
prostituzione minorile è rampante, non si può camminare sotto i portici senza
essere adescati da bambine che sollevano la gonna mostrando la passerina
implume. I bambini offrono le caramelle ai passanti, lo danno via per una
scheda telefonica, per un paio di jeans firmati o delle scarpe di Prada, spinti
da madri avide e snaturate che invece di insegnare ai figli i sacrifici come le
nostre, dio le abbia in gloria, li inducono sulla via del guadagno facile. Come
se per fare la puttana non ci volesse coscienza e passione, vocazione! E anche
quelli che non fanno marchette cominciano fin da piccoli con il sesso estremo.
Imparano su Internet.
Lo diceva sempre
Maria la Verginella, che i mariti andavano da lei per osare quello che non
stava bene pretendere dalla moglie, il sesso orale e il secondo canale tanto
per intenderci, perché le mogli le rispettavano. La puttana si sentiva
un’istituzione che proteggeva la famiglia, che prestava un servizio alla
società e non si sentiva così permale. Adesso figurati, anche quelle che non la
danno via per soldi ufficialmente, la danno via occasionalmente, quando è
utile, per fare carriera in ufficio, per comprarsi una vacanza alle Maldive, un
capetto firmato. Per non parlare dei club degli scambisti, dove i mariti
contemplano le mogli che vengono scopate da altri mentre loro si manipolano il
membro, chi l’avrebbe mai immaginato solo 20 anni fa? Era roba da Marchese
Casati, ora lo scambismo è di massa: lo fanno metalmeccanici, muratori e
impiegati comunali. I ladri non sono più quelli del Borgo Vecchio. Perché è
vero che l’occasione fa l’uomo ladro, ed infatti non rubano solo quelli che non
possono rubare e ti danno lo scontrino solo gli esercizi notoriamente mafiosi,
perché riciclando il denaro dell’eroina devono fatturare o iperfatturare: sono
nella legalità e cioè pagano le tasse, solo quelli che devono emergere
dall’illegalità. È un discorso da moralisti, è assurdo che tocchi a me il ruolo
della moralista. Ma che una vecchia travestita che ha fatto marchette quasi
tutta la vita sia diventata una moralista è segno dell’abisso in cui siamo
finiti. Anche questo lo dicono tutti, che non ci sono più i maschi di una
volta, ma è vero, è una confusione generale. Una volta c’erano delle categorie
ben definite, adesso non si capisce più niente: tutti scopano con tutti, la
bisessualità è diffusa e straripante, non c’è più un di qui e di là, gente che
sta un anno con una donna e un altro anno con un uomo. È il caos, la
confusione: madri di famiglia che lasciano figli e mariti e scappano con la
badante polacca del nonno. Se ne sentono di tutti i colori.
Perché il Borgo
Vecchio di una volta era segno di un mondo ben ordinato, non si invadeva il
territorio dell’altro, ognuno stava al suo posto, le puttane non andavano a
fare marchette in Piazza Grande dove c’era la Questura e loro non venivano qui
a rompere le scatole al Borgo Vecchio. Ma ora c’è la democrazia della
delinquenza, tutti si comportano male. È una questione economica, dico la
verità, io c'ho un conflitto di interesse. Lasciare che il male sia alla
portata di tutti gli toglie la sua funzione principale, di essere un bene per
pochi, cioè per noi che stiamo da questa parte. Ricchezza condivisa è povertà
diffusa. Se tutti rubano cosa rimane da rubare ai ladri? Se tutte la danno via
cosa rimane da fare a noi professioniste? Ci deve essere qualche donna onesta
che non la dà via o la dà non per soldi ma solo per amore.
Anche se ci
sarebbe da dire che anche quelli per bene ci campano, sul male: avvocati,
poliziotti, giudici, carcerieri, guardie e chi sa quanti altri ancora. Uno non
si rende conto ma i poliziotti hanno il compito non di proteggere il cittadino
dal crimine, ma i malfattori dalla concorrenza spietata di altri malfattori. È
un concetto del capitano Omni che ho capito solo ora, che una società ben
ordinata si basa sull’alleanza nascosta ma ordinata di guardie e ladri, che
mangiano, in fondo, lo stesso pane. Se sparisse la delinquenza, l’Italia
avrebbe il reddito del Burkina Faso. Per questo in fondo si sono sempre messi
d'accordo, di nascosto, ma d'accordo, quelli che dovevano garantire la
legalità, e l'illegalità organizzata, che aveva tutto l’interesse a
controllarla più dello stato. Ma ora che il male sta prendendo il sopravvento, cosa può succedere?
Se tutti passano dall’altra parte? La verità è che il perbene e il permale si
stanno assimilando, omologazione e confusione: un processo entropico di
degenerazione direbbe il generale Omni. Forse l’unica via d’uscita è che, una
volta trionfato ed entrato nelle istituzioni economiche normali, diventato
maggioranza, la mafia e la camorra si
diano delle regole come il perbene, e che si riformi un nuovo permale che dia
da mangiare a quelli che non sono perbene, appunto. Sono andata un mese fa a
Reggio Calabria, mi sono messa a passeggiare sul corso Garibaldi alle undici di
sera, con i miei gioielloni in bella vista e la borsetta aperta. Bar
luccicanti, bei negozi, la gente che passeggia, buonasera e buonanotte, che
bella signora, complimenti; sicura, tranquilla e beata come non oserei a Tara,
mi sembrava di essere in Svizzera. Se la ‘ndrangheta porta la quiete e l’ordine
pubblico, diamole in mano l’Italia e che sia finita lì, una volta per tutte.
Il poveretto ha
preso qualche nota per la sua tesi, ma mi guarda perplesso e confuso. Non deve
aver capito bene, soprattutto chi è il capitano Omni. Pensa che io sia un po’
matta. Allora mi alzo e comincio a fare il mio giro, il giornale, tre panini e
un etto di prosciutto. Ho la mia età ma sono dritta, alta magra, elegante.
-Bimba andiamo- la barboncina mi segue, fedele, petulante e nervosa, come tutti
i barboncini.
Il Borgo Vecchio, settembre 2012
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