Pier
Paolo Pasolini sul lungolago di Salò, in una serata d’autunno.
Il povero a Salò c’era già stato,
Sequenze inziale di Salò-Sade, un
cartello stradale, l’insegna, Salò e poco altro. Poi tutto interni, rigoroso décor anni trenta, dove la Giorgi
recitava.
Ultimo tragico film, ma come è vero che
le cose si ripetono due volte…
Il ritorno in bar del lungolago, leccato
e pettinato, un bar tutto bianco, bomboniera, sembra il salotto buono di mia
zia Lina,
lui che amava le periferie diroccate e i pratoni
desolati della Casilina!
Il deserto, sera fredda quasi invernale,
nel bar una musica atonale per creare l’atmosfera.
-pirulì pirulà, lala piru, piru pir, bim bum bam-
Cos’è Sciarrino, Cage o la Berberian già
Berio?
Who knows?
Ma perché questa musica se sugli schermi
continuano a succedersi le immagini del Berlusca e del Dudu, di Alfano e della
Santadechè, della Pascale ?
Perché?
Bisogna soffrire! Questo è il mondo in
cui ci tocca vivere. Siamo a Salò una sera fredda autunnale a sentire recitare
Pasolini. E’ un evento culturale.
Si mangia?
Defrosted sandwich.
Orribile, perché mi hai portato qui, dico
alla Bigi,
Un Groppello , due, per attutire la pena
e non sentire.
Ma la prego chiuda i televisori. Non mi
faccia vedere la Santanchè, potrei morire.
Arriva l’organizzatrice dell’evento
culturale, è alta magra, pelata e tatuata, ha la gamba fasciata in jeans di
marca,
il va sans dire.
E corredo di professoresse locali e
alunni precettati.
Quando si dice una captive audience!
Ciricì, ciriciciò, baci complimenti e
abbracci, come anche tu qui! E’ un evento culturale.
La foto è dell’attore:
Dostoieskiano- fa la professoressa
adorante.
Sediamoci qui, al riparo della contraria,
siamo anime sensibili, inclini al suicidio, ma proprio per questo dobbiamo
evitare i reumatismi e il raffreddore, non trova desolante l’obsolescenza
programmata dei gadget tecnologici nella società contemporanea? -
Ma cara, mi verrebbe da dire, anche noi
siamo programmate per morire,
un giorno,
come i replicanti delle falci rotanti, né
più né meno, ha mai sentito parlare della tendenza alla degradazione e al caos
dell’universo intero? è la legge, la seconda, la dispersione di energia. Nulla
dura al mondo e moriamo un poco anche noi qui stasera, qui sole e desolate, per
l’evento culturale, in una sera fredda, deserta, quasi invernale.
Ciriciciriciciò, un Aperol, un Campari,
un Punt e Mes? No, quello non c’è, è anni sessanta, non s’usa più.
La presentazione e i ringraziamenti prima
dell’evento è d’uopo, va l’organizzatrice al microfono, prima di tutto al bar
bomboniera, e poi a tutta la filiera organizzativa, sponsor parenti amici, e il
preludio di altri eventi importanti culturali, un attore famoso che viene da
Roma, per noi poverette in questa valle di lacrime di Salò, senza arte e
cultura (è vero). Però vicino è Gardone, e il fantasma del nano cocainomane e
le puttane a camionate veicolate da Brescia al Vittoriale.
Non c’entra, lo so, e insomma la pelata tatuata ringrazia presenta e annuncia.
Non c’entra, lo so, e insomma la pelata tatuata ringrazia presenta e annuncia.
La parola va finalmente all’attor
dosteieskiano che sussurra, quasi col microfono ha un rapporto orale, è una
disgrazia dopo la musica atonale.
Legge la poesia, che non è, ultimo
affronto del povero Pier Paolo, ma di tale Carlotta da Gavardo, poetessa soi
disant “bambina” anche se ha passato la settantina e si accompagna a marito
cadaverisé.
Carlotta, mai nome fu più appropriato per
poetessa bambina di Gavardo, (proprio
non c’entra con il poeta maledetto della Casilina), come evitare reminiscenze
gozzaniane, loreti impagliati, interni borghesi, per bene, frutta di gesso, e
le povere rime, così appropriate,
baciate, della Carlotta cuore amore dolore, le più antiche e difficili, diceva
il poeta,
come evitare che la Carlotta lo strappi,
lo prenda vigorosamente in mano per succhiarlo,
il microfono, il microfono, cara
professoressa, altro che gadget obsoleto, è un oggetto conteso nella nostra società,
sussurrare,
(Pasolini può aspettare).
Osa la Carlotta anche piccolo gioco di
società per ringraziare, le mani in alto, sul tavolo, il dito nel culo nell’
occhio del vicino. (Non è vero la mia cronaca è infedele, ma sarebbe stato perlomeno
più divertente).
Amen.
Si riappropria il dostoiekiano del
microfono, per sussurrare Pasolini. Non è finita ci tocca aspettare, sera d’inverno,
no autunnale, evento culturale.
Sono ormai quasi le dieci di sera, nel
bar bomboniera, sul lungolago pettinato leccato di Salò. Mussolini quando era
qui si lamentava dei vapori di bromuro che esalavano dal lago.
Il dostoieskiano sbaglia il ritmo delle
frasi, scanna le parole, e ciononostante insiste nel tono tragico e trenodico, forse non l’ha letta con
attenzione, ma cosa c’entra, l’importante è il tono, non le parole.
E’ prosa poetica, spiega la
professoressa,
appunto
andrebbe letta con voce normale, senza
esagerare, senza interpretare…
O ma che importa? intanto arriva la
torta,
al mascarpone
e un’ovazione, il finale ringraziamento
della pelata tatuata
(magra alta slanciata fasciata nei jeans
firmatissimi).
La prossima volta Baudelaire, forse
quelle di Wystan Hugh, che si rivolterà nella tomba con Chester Kallman..
Quanti erano i pompini che faceva
Pasolini nel pratone desolato della Casilina? Dodici o di più?
ma quelli erano altri tempi, forse
il pratone non c’è più, Pasolini è morto di nuovo questa sera nel bar
bomboniera,
e ci è venuto il mal di pancia, sarà stato il freddo, il sandwich gelato, il punt e mes, o la torta al mascarpone?
(Continua il ciricicicciò di
professoresse, alunni, poetesse, organizzatrici,
attori, in reciproca ammirazione).
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